Non serve urlare per vincere.
Serve silenzio.
Un silenzio così calibrato da diventare arma tattica.
Mentre gli altri cercano spiegazioni, tu lasci solo indizi.
E mentre provano a decifrarti, si perdono dentro la nebbia che hai creato.
Confondere non è recitare.
È architettare.
È lasciare che la gente ti osservi, si illuda di capirti e poi si schianti contro la realtà: tu non sei dove credono, non sei chi immaginano.
Sei altrove, e stai già muovendo la prossima pedina.
Le menti semplici odiano chi resta indecifrabile.
Ma è proprio lì che vinci.
Perché chi non capisce ciò che fai, non può ostacolare ciò che stai costruendo.
Io non rispondo.
Registro.
Non reagisco.
Ricalcolo.
E quando il gioco si chiude, gli altri parlano di fortuna.
Io so che era solo strategia.