Ci sono persone che parlano con leggerezza.
Parlano perché possono, non perché sanno.
E poi ci sono persone che tacciono…
perché ogni parola che pronunciano è stata pagata con una ferita.
Io ho imparato a riconoscere la differenza.
E per questo non accetto consigli da chi non ha cicatrici.
Le cicatrici non sono un vanto.
Sono una biografia.
Un curriculum scritto sulla pelle invece che sulla carta.
Sono la prova che sei stato colpito, buttato a terra, ignorato, frainteso…
ma non sei rimasto lì.
Chi non ha cicatrici ti parla dal bordo della vita, non dal centro della battaglia.
Non conosce il rumore del crollo, né il silenzio dopo che tutto quello che avevi è andato in frantumi.
E allora i suoi consigli sono perfetti, puliti, comodi…
ma totalmente inutili.
Perché se non hai perso qualcosa di importante,
se non hai attraversato una stanza buia sperando di non romperti più di quanto eri già rotto,
se non hai mai vissuto un momento in cui l’unico alleato eri tu stesso…
allora non puoi insegnarmi niente sulla resistenza.
La vita mi ha mostrato una cosa chiara:
le parole più vere arrivano da chi ha sanguinato davvero.
Chi è stato tradito ti parla di fiducia in modo diverso.
Chi ha fallito ti spiega il successo con una profondità che chi è sempre stato comodo non può nemmeno immaginare.
Chi ha perso tutto sa che ogni vittoria non è un trofeo: è una cicatrice che ha deciso di guarire.
Ecco perché ascolto soltanto chi porta addosso segni che raccontano qualcosa:
una perdita, una rinascita, un trauma superato, una lotta silenziosa.
La gente che non si vanta delle proprie battaglie, ma le usa per capire meglio quelle degli altri.
I consigli senza cicatrici sembrano saggi,
ma non reggono il peso della realtà.
Sono manuali letti, non vite vissute.
Sono pensieri belli, ma vuoti.
Io voglio parole che mi arrivano da chi ha pianto,
da chi ha stretto i denti,
da chi ha perso la voce e se l’è ripresa,
da chi è stato sottovalutato e poi è risorto senza chiedere applausi.
La verità è semplice:
non rispetto l’opinione di chi non ha affrontato niente.
Non perché sia cattivo.
Ma perché la vita mi ha insegnato che la profondità nasce dal dolore trasformato in saggezza.
Le persone senza cicatrici ti giudicano.
Quelle con le cicatrici ti comprendono.
Le prime parlano.
Le seconde ascoltano.
Le prime guardano dall’alto.
Le seconde ti guardano negli occhi.
Io scelgo le seconde.
Scelgo chi ha vissuto.
Scelgo chi ha perso e poi ha ricominciato con mani tremanti ma mente lucida.
Scelgo chi porta sul corpo la geografia delle sue battaglie.
Perché quando cammino, voglio accanto persone che sanno che il mondo non è gentile,
che il dolore non è un incidente,
e che la forza non nasce dalla comodità…
ma dalla capacità di rialzarsi dopo ogni colpo.
Le mie cicatrici sono il prezzo che ho pagato per capire me stesso.
Quelle degli altri sono il filtro che uso per decidere chi può parlare al mio tavolo.
Se non hai cicatrici, non sei mio nemico.
Semplicemente, non sei la voce che ascolto.
Io vado avanti con chi ha combattuto davvero.