Un Impero non si costruisce con le mode, ma con i simboli.
Le mode cambiano, i simboli restano.
E ogni simbolo che porto addosso – il serpente, la corona, la mano, il sigillo nero e oro – non è estetica: è codice.
Un linguaggio che pochi comprendono, ma che tutti percepiscono.
Perché i simboli non parlano alla mente: parlano all’inconscio.
E chi li riconosce… sa da dove vengo e dove sto andando.
Per i prossimi dieci anni, non cercherò di adattarmi al mondo:
lo costringerò ad adattarsi al mio linguaggio visivo.
Un Impero non chiede approvazione: impone presenza.
E la mia sarà visiva, sonora, mentale.
Dalle copertine ai palazzi, dai loghi alle note, ogni cosa dovrà comunicare potere, purezza, fedeltà alla propria essenza.
Non inventerò nuovi simboli: li scolpirò nella percezione collettiva.
Perché il vero dominio non è fare qualcosa di nuovo —
è far sì che il mondo non possa più pensare senza di te.