L’invidia è una malattia silenziosa.
Non si manifesta subito — si insinua.
Comincia con un sorriso falso, continua con un complimento forzato, e finisce con lo sguardo spento di chi ti osserva crescere mentre lui marcisce fermo.
Non la senti, la vedi.
È negli occhi che scivolano sul tuo orologio, sul tuo modo di parlare, sulla tua calma.
È in quelle frasi mascherate da ironia, nei “ma sì però…” detti con veleno e paura insieme.
Gli invidiosi hanno un solo problema: la tua esistenza ricorda loro tutto ciò che non saranno mai.
E tu non devi fare nulla per ferirli: basta respirare bene, camminare dritto. Io ad esempio: cammino sempre dritto anche in sedia a rotelle e continuo a vincere.
Io li chiamo “verdi in faccia” — non per colore, ma per condizione.
Perché l’invidia non tinge la pelle: corrode l’anima.
È un acido che consuma chi la prova, mai chi la riceve.
E allora sì, lascia che ti guardino.
Lascia che inventino storie, che ridano, che imitino, che rosichino.
Tu non rispondere: cresci, firma, conquista.
Il rimedio all’invidia non è la vendetta,
è la distanza. È salire talmente tanto in alto, da non poter essere più toccato da loro.
Perché chi si nutre del tuo nome, prima o poi muore di fame.
Chi ti odia, ti vuole “normale” e prevedibile come tutti gli altri, perché non sopporta la tua eccezione.
Ma io non sono nato per mischiarmi con la folla:
sono nato per farla tacere.
L’invidia è il loro modo di pregare chi odiano.
E io non li maledico — li lascio vivere abbastanza e soprattutto augurandogli ogni bene possibile, in modo che possano vedermi salire ancora.
PER RIEMPIRE IL MIO EGO.
⚜️ Ivan Minervini™